Il pizzo in nome di Dante e la letteratura italiana fatta a mano.

Leggo che anche quest’anno lo Stato italiano pagherà alla “Società Dante Alighieri” due milioni di euro “per la diffusione della lingua e della cultura italiane nel mondo”. Non basta: da parte sua la Società “chiede anche il supporto delle aziende per puntare sulla diffusione della cultura italiana nell’ambito delle strategie di internazionalizzazione”. In altre parole anche gli industriali dovrebbero versare il proprio obolo.
È bene che gli italiani sappiano che i dantisti in tanti secoli hanno capito ben poco sulla Commedia e sulle altre opere attribuite a Dante. Se al posto di Brunetto Latini si mette il vero maestro di Dante, il senese Cecco Angiolieri, sodomita, questi finisce per diventare, seppur celato sotto numerosi pseudonimi, il personaggio principale del poema sacro, per me il poema dell’odio.
Sarebbe sufficiente che i disinteressati amici di Dante, uniti da forte omertà, venissero lasciati a bocca asciutta fino a che non si decidano a far cadere il muro costruito da secoli, per ignoranza ma forse anche per omissioni intenzionali delle differenze fra la lingua fiorentina e quella senese antica, intorno a una questione che rischia di attirare critiche infinite sull’attendibilità della cultura italiana.
In un articolo intitolato La letteratura è una storia fatta a mano, pubblicato da Alberto Asor Rosa su “La Repubblica” dell’11 dicembre 2017, si sostiene che gli studi basati sull’analisi della “scrittura” e della paleografia sono in grado di ricostruire egregiamente la formazione della letteratura, “si tratti di Boccaccio o Petrarca, di Leopardi o Montale”.
Forse sarebbe così se non fossero stati fatti errori iniziali per colpa dei quali su Dante e il cosiddetto Boccaccio (che si conobbero bene, anche se in base alle biografie dei manuali questo appare impossibile) non si sono comprese tante cose sostanziali capaci di causare travisamenti non solo nella letteratura italiana delle origini.
In parole povere agli specialisti artigiani che per secoli hanno fatto a mano questo lavoro sarebbe mancata, nell’ipotesi a loro più favorevole, la conoscenza approfondita delle differenze esistenti fra il fiorentino antico e quello senese, tanto che la letteratura di cui si parla e si scrive ai nostri giorni finirà per apparire un bel castello di carte.
Parrà strano e quasi incredibile, ma il guaio più grosso sottostante ha tratto inizio di qui. Per rimettere le cose al loro posto bisognerà buttare all’aria tutto, dai testi sacri fino a quelli dell’antichità classica e del Medioevo a noi noti, ricominciando dal caro babbo.